Piazza Pietro Corti 12
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EVENTI ANNUALI
- Festa patronale (San Giorgio): aprile
- Fiera del Drago: aprile
CENNI STORICI
L’abitato ha origini antiche: esisteva infatti già in epoca romana, come provano le tombe rinvenute nel centro del paese, che lo storico Francesco Pezza ritenne d’età tarda, comunque non posteriori al IV secolo. Per quanto riguarda il toponimo, c’è chi pensa che il nome San Giorgio sia dovuto ai Longobardi, che avevano un nucleo fiorentissimo nella vicina Lomello e veneravano il santo con particolare devozione, tanto da proclamarlo loro patrono unitamente a San Giovanni Battista e all’arcangelo Michele.
Padre Francesco Pianzola, altro insigne storico lomellino, ipotizzò invece che, agli inizi, San Giorgio fosse una dipendenza del convento benedettino di San Maurizio, facente parte di un piccolo borgo limitrofo chiamato Monticello, la cui importanza andò diminuendo nel tempo a favore di San Giorgio. A questo proposito egli ricorda una carta del 988, nella quale si parla di terre che erano «in Monticello, in finibus Sancti Georgii… in comitatu Laumellense». In un altro documento del 1129 si dice che il monastero di Monticello era «non longe a loco qui nominetur Sanctus Georgius». Una bolla di papa Innocenzo IV del 1246 cita la chiesa di San Maurizio: «in dioecesi Papiensi ecclesiam Sancti Mauricij sitam in territorio villae Sancti Georgii». Sempre secondo Padre Pianzola, Monticello fu abbandonato dai monaci e, sul finire del XV secolo, assorbito dall’espansione di San Giorgio, il cui castello garantiva maggiori protezioni agli abitanti. Di Monticello non rimase che la chiesa di San Maurizio, divenuta cadente a tal punto che nel 1583 dovette essere abbattuta per ordine del vescovo di Pavia. Ancora oggi la campagna ove essa sorgeva è chiamata San Maurizio.
San Giorgio fu saccheggiato dai francesi nel 1647 e nel 1658. Fu infeudato ai Birago, ai Simonetta, ai Posterla, ai Guasco, ai Visconti e, infine, con un atto datato 11 settembre 1742, ai marchesi Grattarola di Alessandria, che lo tennero fino ai rivolgimenti di fine Settecento operati dai francesi.
LE CHIESE E I MONUMENTI
La chiesa parrocchiale è, ovviamente, dedicata a San Giorgio. Ultimata nel 1772, fu eretta sul luogo di un precedente edificio che minacciava di rovinare. È in stile barocco ed ha una sola navata. Le dimensioni grandiose sono la caratteristica che colpisce maggiormente; altrettanto imponente è il suo campanile, alto 75 metri. Vi si conservano una bella tavola quattrocentesca in legno, rappresentante la Madonna col Bambino, e una statua lignea della Madonna Immacolata, opera degli inizi del XVIII secolo.
La chiesa di San Rocco si trova su una piccola altura al centro dell’abitato, dove un tempo sorgeva l’antico castello, di cui non rimane più traccia: per questo è detta anche “chiesa in castello”. Il tempio, in cui officiava la fiorente Confraternita dei Ss. Rocco e Sebastiano, presenta una sola navata con un ampio coro. Più volte rimaneggiato, risale, nella sistemazione attuale, al Settecento. Recentemente è stato chiuso al culto e sconsacrato.
Le chiesette di San Paolo e di San Bernardo, ubicate nella campagna circostante, sono frutto della pietà popolare: vennero costruite rispettivamente nel 1847 e nel 1902, dopo aver demolito quelle preesistenti, cariche di storia ma pericolanti.
La chiesetta del cimitero è di proprietà privata. Fu costruita nel 1962, su progetto dell’ingegner Enrico Pellegrini di Torino.
Il convento e la chiesa di San Francesco si incontrano all’entrata del paese provenendo da Mortara. Terminati nel 1609 e devastati da un incendio nel 1849, sono ora proprietà privata. La chiesa aveva cinque altari e tre navate. Nel monastero risiedevano i Frati minori riformati, che dovettero abbandonarlo in seguito alla soppressione napoleonica; nel 1817 il complesso fu messo a disposizione dei Frati minori osservanti, che lo tennero fino al 1866, cioè fino alla nuova confisca e alla definitiva alienazione.
Il mulino
L’edificio oggi chiamato “Vecchio Mulino” non è altro che il locale costruito nel 1905 per ospitare la “molazza”. Questa è una macchina complementare della pila da riso che non è altro che un tipo di mulino, costituito da rulli (mole) che rotolano sul fondo di una vasca, usato per macinare sostanze grossolane, come la lolla, a quei tempi impiegata come detergente. Questo edificio è l’unico scampato alla totale distruzione dell’antico mulino, avvenuta nel 1983.
Il monumento ai caduti
Il monumento ai caduti della Prima guerra mondiale, cui furono aggiunti i nomi di quelli della Seconda guerra mondiale, fu fatto erigere da un apposito comitato locale. È composto da un basamento con finitura di marmo e cemento in graniglia, da una parte mediana in arenaria, da una colonna di granito bianco di Montorfano e termina con una statua in bronzo. È opera dello scultore vigevanese Berengario Ubezio (1863-1945) e rappresenta la Vittoria che trasporta un soldato morente.
Fu inaugurato solennemente il 21 ottobre 1923 in quello che era denominato “il gerbido dei frati” e che da allora, opportunamente sistemato, è divenuto “Piazza 4 novembre 1918”, «a ricordo della gloriosa data della nostra Vittoria».